PASOLI, luoghi, incontri, suoni di Amedeo Furfaro

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Descrizione

Sul finire degli ottanta iniziai a frequentare il Fondo Pasolini a Roma con scopi di ricerca. L’idea era quella di scrivere del rapporto del poeta-scrittore-regista con la musica, la classica, il folk, il jazz. Era il posto giusto dove reperire i materiali da esaminare con relativa facilità contando oltretutto sulla cortese
disponibilità del personale. Man mano, pur seguendo lo sviluppo del progetto inizialmente concepito, cominciarono a schiudersi alcune possibilità.
Intanto l’incontro con Mario Gallo, nativo di Rovito, regista che fruì della collaborazione di PPP in alcuni documentari a soggetto, mi consentì un’intervista sul suo “cinema corto” che uscì su “Calabria” il mensile del Consiglio Regionale.
La frequentazione col Fondo Pasolini, la stessa vicinanza della stanza con quella della presidenza, mi aveva consentito di avvicinare in modo informale Laura Betti.
A quel tempo, fra i non numerosi visitatori della struttura c’era un pubblicista scaleota che indagava sull’omicidio di Pasolini e sperava di trovare chissà fra le tante carte, giornali, video, foto, delle tracce per un improbabile scoop. La mia ricerca sulla musica in Pasolini proseguiva, lo scoprivo violinista della
prima ora, individuavo la raccolta di lp classici da cui aveva prelevato musica per alcuni suoi film.
Ma si faceva strada un’altra ipotesi, legata alla relazione del poeta con il Sud, i Sud.
Rivedendo Uccellacci e Uccellini intravedevo in Totò lo stranulato guitto napoletano che è anche maschera tragica. E nell’amato Ninetto Davoli, di San Pietro a Maida, ideale rappresentante
del sottoproletariato della periferia romana, un pischello leggiadro esemplare di fisicità ingenua e triste vitalità.
Calabrese di origine come il grande poeta Francesco Leonetti, cosentino, e cioè colui che prestava la voce al corvo e che diversi anni dopo avrei avuto occasione di frequentare.
Quel corvo, proveniente dal paese di “Ideologia” e figlio del signor “Dubbio” e della signora “Coscienza” possedeva la voce giusta per rappresentare la crisi dell’intellettuale marxista.

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