Descrizione
Scrivere della chiesa italo-albanese di Calabria non è facile e ciò a cagione della sua stessa compagine, di organismo articolato in varie componenti che la rendono tale e diversa da ogni altra. Suo elemento portante è certamente il rito greco-bizantino, importato da oltremare con gli stessi profughi albanesi a metà del XV secolo.
Cattolici, seppur di rito greco, nei primi secoli dalla loro venuta nel Regno di Napoli, gli albanesi hanno cercato di preservare parte del loro Credo come comprovato da più documenti che grazie alla riscoperta degli studiosi, cominciano a riemergere in particolare, negli ultimi decenni. A tal proposito, concernente la chiesa di Santa Sofia d’Epiro, è d’obbligo citare la lettera – sebbene già edita – scritta da Napoli il 30 Dicembre 1572 da un legato del Patriarca e indirizzata ai preti della chiesa del casale di Santa Sofia; e che testimonia, a circa un secolo di distanza dall’esodo albanese, la continuità di rapporti intercorsi tra le due comunità religiose separate dal mare.
Ancora interessante per ciò che riguarda la storia della Parrocchia e più in generale degli albanesi di rito greco in Italia, è quanto si legge in un atto notarile datato 1771 e inerente la rivendicazione di alcuni possedimenti da parte della chiesa di S. Atanasio lungo le sponde del torrente Galatrella. Tra le varie testimonianze si riporta quella del rev. Don Domenico Baffa, il quale essendo pronipote del suo attavo D. Lazzaro, dichiara di essere in possesso di un antico libro che a principio è scritto in idioma greco, perché essendo venuti allora l’Albanesi ad abitare in q[ue]sto Regno ignoravano l’idioma italiano, e latino. Nei terreni limitrofi a quelli della controversia appena citata, è tra l’altro presente la più antica testimonianza lapidea relativa al clero greco-albanese (e più in generale, della minoranza arbreshe in Italia). Si tratta di un blocco tufaceo collocato in funzione di architrave in uno dei locali attigui al vecchio mulino appartenuto per secoli al Collegio di S. Adriano in San Demetrio Coro- ne. La pietra reca incisa a caratteri greci la data (1550) e il nome del servo di Dio Antonio Marchianò.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.